La Signorina. Gerolamo 1854-1910 Rovetta

La Signorina - Gerolamo 1854-1910 Rovetta


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il Savoldi che si slancia contro l'avversario attaccando per il primo....

      — Alt!

      I padrini credono che il Bonaldi sia rimasto ferito al braccio. Il medico osserva: la lama ha appena sfiorato.

      Un'altra sosta, poi un nuovo assalto, ancora del Savoldi, fulmineo; ma nell'impeto si getta contro la sciabola dell'avversario: la punta gli attraversa la gola.

      — Alt!

      — Alt!

      Il Bonaldi abbassando la sciabola, si ferma irrigidito, mentre il Roero si precipita raccogliendo fra le braccia il Savoldi che barcolla, che stramazza addosso a lui coprendolo di sangue.

      — Per dio! Per dio! Dottore! Dottore!

      Accorre il medico..... Accorrono tutti attorno al ferito. Nespola fissa in volto al Roero due pupille dilatate, disperate, gridandogli un nome:

      — Lulù!... Lu... lù...

      Straluna gli occhi: un altro fiotto di sangue che gli sgorga dalla gola, dalla bocca, gli spegne la parola e la vita.

      Un grido, un nuovo orribile grido di Roero:

      — È morto!

       ?.....

       Indice

      Francesco Roero dopo il duello si chiude in casa, senza ricevere, senza farsi più veder da nessuno. Ha sempre fissi dinanzi a sè, gli occhi stravolti del morente, la macchia rossa che si allarga, sente sempre l'odor del sangue. D'ora in ora, la solitudine, l'abbattimento, la stanchezza, lo rendono sempre più nervoso e più inquieto. È un'inquietudine, è un terrore quasi fantastico del reale, del presente..... e dell'al di là! È il terrore di quel sangue, di quegli occhi, dell'anima stessa, del fantasma di quel morto; e lo turba, lo agita pure il pensiero di un processo, di una condanna... Forse la prigione!

      — È stato ammazzato un uomo! Abbiamo ammazzato un uomo!

       E Stefania? Com'è lontana oramai! E ieri, soltanto ieri era lì, proprio lì, seduta dinnanzi alla scrivania!

      L'idea della notte, di passar tutta la notte così solo, colla visione di quel duello, di quel sangue, di quegli occhi, lo spaventa.

      Suona, chiama Giovanni, il servitore:

      — Va subito in cerca dell'avvocato Olivieri; adesso lo troverai facilmente alla Patriottica; e del dottor Sellero. Non mi sento bene. Fa presto!

      Il dottor Sellero è pure il dottore di casa Arcolei: gli chiederà un calmante per la notte e indirettamente anche le notizie di Stefania.

      — Non una parola, nulla, in tutto il giorno!

      L'Olivieri è un giovine avvocato, molto amico del Roero.

      — Mi farà un po' compagnia e intanto mi consiglierò; sentirò che cosa devo fare. È stato ammazzato un uomo!... Abbiamo ammazzato un uomo!

      Ma il dottore si è recato a Vigevano per un consulto, e l'Olivieri è impegnato in una seduta. Quando l'avvocato arriva più tardi, trova il Roero già a letto:

      — Vuoi dormire, o ti senti poco bene?

       — Non sto bene. Ho fatto chiamare il medico, ma è a Vigevano.

      — Hai pranzato?

      — No. Non ho fatto nemmeno colazione.

      L'Olivieri prende il lume dal tavolino per guardar meglio in viso l'amico; gli fa qualche domanda, lo studia attentamente, poi rimette il lume a posto, sorridendo:

      — Tu hai in corpo una paura indiavolata!... Sei rimasto molto impressionato; sei un uomo di cuore, è naturale! Ma invece di muoverti, di cercare di distrarti, sei rimasto tutto il giorno solo, chiuso in casa, senza parlare, senza mangiare, e i nervi han preso il sopravvento! Lascia stare il dottor Sellero a Vigevano, chè alla tua cura penso io. Una buona cena e un paio di bicchierini di marsala. In quanto al processo... Non pensarci nemmeno!

      — Ma... è stato ammazzato un uomo!...

      — No; un uomo è rimasto ucciso in duello, il che è ben diverso. Anche per la Giustizia è come per l'arte: tutto, caro mio, sta nella forma. Si farà un processo, certamente, e il Bonaldi verrà anche condannato a parecchi mesi di detenzione che sconterà..... con una prossima amnistia.

       — Per il Bonaldi è anche giusto; è stato provocato, è stato offeso e, in fine, s'è battuto lealmente mettendo in gioco la propria vita come quell'altro... che l'ha perduta. Ma noi? Noi abbiamo fatto ammazzare un uomo e non abbiamo arrischiato nulla!

      — Tu non sei andato a cercarlo questo Savoldi, questo tuo Nespola!... Ti è caduto sul capo come una tegola! Accomodare la questione pacificamente era impossibile; dunque?... Rimorsi non ne devi avere. I padrini, quando sono in regola colla propria coscienza, non hanno nessun conto da rendere nemmeno alla legge. Su, su, coraggio! Recipe, una buona cena; e se non basta il marsala per infonderti un po' di color roseo nella fantasia, fa portare una bottiglia di champagne.

      — Se mi fai compagnia.....

      — Perchè no?

      — Allora mi alzo subito, e intanto mando Giovanni al Rebecchino. Fuori, stasera, non voglio farmi vedere.

      L'avvocato scoppia in una risata:

      — Fai benissimo! C'è Nicoletto Loreda che si fa vedere anche per te. Io l'ho visto da lontano descrivere il duello: capivo dai gesti, dalle mosse! L'ho visto sul Corso, al Cova, al bar, e l'ho sentito dal parrucchiere. Adesso, poco fa, alla Patriottica, descriveva ancora, con delle spaccate tremende!... Ma, ormai, non ha più voce!

      — L'opinione pubblica, per chi è? Che cosa dice la gente?

      — È favorevole al vivo.

      — E... in casa Arcolei?

      — Con questo duello il Bonaldi e la Difesa hanno acquistata molta autorità e forza: ciò, naturalmente, farà gongolare don Giulio, che per altro si guarderà bene dal dimostrarlo.

      — E... io?

      — Tu?

      — Sì. Credi che io sarò ricevuto bene, come prima, in casa Arcolei?...

      — Ecco, ciò dipende dal grado, diremo, di stima e di simpatia che può aver per te la signora baronessa. Tu solo, mio caro, sei in grado di sapere fino a che punto ella può esser disposta a chiudere un occhio. Perchè è così: in faccia a casa Arcolei, alla sua corte e al mondo milanese tu, con quel tuo Nespola sanculotto, ti sei abbastanza incanagliato.

       Il Roero comincia a cenare svogliatamente, ma poi, a mano a mano, acquista un ottimo appetito. Anche lo champagne e l'allegra parlantina dell'avvocato fanno il loro effetto, e però, quando dopo la mezzanotte egli torna a letto, si addormenta subito e placidamente. Ma verso le quattro si desta di colpo sussultando, e si rizza a sedere sui cuscini col respiro rotto, affannoso, col cuore che gli batte furiosamente, colla fronte madida di sudore.

      — No, no, no, io non ho fatto il mio dovere! Io non sono in regola colla mia coscienza! Io dovevo imporre condizioni meno gravi, io dovevo far valere l'inferiorità fisica del povero Nespola in confronto del Bonaldi! Invece io ho accettato in fretta e in furia tutto ciò che proponevano il Faraggiola e l'Estensi in vantaggio del loro primo! Io non ho pensato nemmeno a quel povero disgraziato che mi aveva affidato il suo onore e la sua vita! Io non ho pensato che alla Fáni, a ciò che quei due avrebbero riferito, avrebbero detto di me alla Fáni... Ed io quell'uomo l'ho fatto ammazzare; l'ho lasciato ammazzare per la Fáni!

      Nel buio della camera ecco ancora riappariscono gli occhi stravolti, la gola squarciata dalla larga ferita e nel silenzio profondo risuona l'urlo terribile della convulsione e della morte:

      — Lulù! Lu... lù...

      Era la disperazione, era il delirio!

      —


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