La Signorina. Gerolamo 1854-1910 Rovetta

La Signorina - Gerolamo 1854-1910 Rovetta


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ironico, questo grido, questo nome, il nome di un cane, di una bestia su quella bocca sformata che vomita sangue, che spasima, che si torce nell'agonia!

      — Lulù? La cagnolina, l'unico affetto del povero Nespola! Gli ho promesso di custodirla, di tenerla con me! Gliel'ho promesso e lo farò! Giuro che lo farò! Ma dove trovarla? Dove sarà? Nespola rideva, scherzava sempre su tutto, su tutti! Forse è uno scherzo anche Lulù!

      Nella cameretta che il Savoldi teneva alle Tre Spade — tutta casa sua! — Lulù non c'era. Non c'era niente in quella povera camera lontana; una topaia su, all'ultimo piano! Avevano trovato un pettine e un berrettino da viaggio; due solini staccati, uno sudicio ed uno nuovo... Poi nient'altro che giornali e mozziconi di sigari. Un gran puzzo, un tanfo di sigaro spento.

       — Lulù? Forse è stato uno scherzo e non esiste nemmeno! Oppure, chi sa, Lulù è presso qualche donna.... presso un'amica, un'amante di quel povero diavolo! In tal caso devo cercarla, devo prenderla con me; l'ho promesso!

      Francesco a poco a poco si calma; il suo respiro, i battiti del suo cuore si fanno più regolari. Egli torna a tirarsi giù, sotto le coperte, a stendersi nel letto, e continua a pensare:

      — Domani, andrò di nuovo alle Tre Spade. Domanderò all'albergatore di questa Lulù; forse egli saprà dirmene qualche cosa. E poi pagherò il conto del Savoldi. E se quel povero diavolo ha lasciato altri debiti li pagherò. Voglio che la sua memoria sia rispettata. L'Olivieri penserà al funerale, che si farà a mie spese...

      ..... Gli occhi di Nespola non sono più minacciosi. Nespola ringrazia, scoppiando al solito in una grande risata e il Roero, a poco a poco, si addormenta tranquillamente.

      Ma la mattina dopo il suo primo pensiero non è di correre alla locanda delle Tre Spade in cerca di Lulù, è di mandare in portineria nella speranza di trovare un bigliettino, un libro, qualche cosa che gli sia mandato da Stefania. Stefania accorta e prudente, anche quando è innamorata, non gli ha mai scritto e il Roero non aspetta certo una lettera, ma due righe, una parola, un cenno soltanto, per fargli capire ch'ella è in collera, che lo ama sempre.....

      Niente. Di Stefania, niente: non ha scritto, non ha mandato un libro, il segno d'intesa che è sola in casa verso le sei, prima di pranzo e che lo aspetta a quell'ora senza fallo; non ha mandato nessuno.

      — È troppo presto ancora; verrà qualcuno più tardi. Ieri non mi ha veduto in tutto il giorno, ma ieri sera mi ha certo aspettato come al solito. Perchè si sarebbe cambiata? Che cosa ho fatto? Che delitto ho commesso? Ho fatto da padrino ad un giornalista mezzo repubblicano che ho conosciuto molti anni fa! Ciò può aver urtato don Giulio; non lei. Lei sa benissimo che io non sarò mai un codino.... E per quanto abbia detto, predicato, non è mai riuscita a farmi ammirare suo marito! Un grand'uomo perchè sa non far niente e perchè non parla! Io sono un artista, uno scrittore; ho altri ideali, altri doveri! Non sono un imbecille ieratico sullo stampo del suo Estensi e del suo Faraggiola! Chi sa, però, come questi due sapranno valersi dell'occasione per screditarmi e per guadagnar terreno. Sono invidiosi, gelosi; qualche cosa hanno dovuto subodorare e mi odiano... Ma la Fáni con me, ormai... E venuta qui... È stata qui, vivaddio; qui in casa mia! Certo questa volta mi scriverà o mi farà dir qualche cosa!

      Presentarsi in casa Arcolei senza un avviso di Stefania, non si arrischia per via di don Giulio:

      — Se don Giulio mi fa uno sgarbo?... Se non mi riceve?... Scrivere io a Stefania?...

      Impossibile. Stefania gli ha proibito di scrivere, per qualunque motivo, assolutissimamente.

      Non c'è altro dunque che aspettare e il Roero aspetta e non si alza da letto: dormendo, il tempo passa più presto e spera in cuor suo d'essere svegliato da un messaggio di casa Arcolei.

      Chiude gli occhi, ma tende ansioso le orecchie ad ogni passo, ad ogni voce, ad ogni suonata di campanello.

      Non può dormire; si volta, si rivolta. Mille pensieri lo agitano; gli ritornano le inquietudini, le smanie come il giorno innanzi. Ha già mandato Giovanni in portineria due, tre volte: niente! Si alza per far colazione e strapazza il servitore, il parrucchiere, lo stampatore venuto a portargli delle bozze. Poi, non ha ancor finito di far colazione, pianta lì tutto e si veste per uscire.

      — Andrò in cerca di Lulù. Povera Lulù, mi vorrà più bene e mi sarà certo più fedele!...

      Ha già indossato il paltò, prende il cappello, i guanti, il bastoncino, quando ecco Giovanni con una lettera; la lettera di Stefania!

      Giovanni è ancora sull'uscio, la lettera è ancora sul vassoio, ma il Roero è troppo innamorato per potersi sbagliare.

      — Chi l'ha portata?

      — Un servitore di casa Arcolei.

      — Aspetta la risposta?

      — No; è già andato.

      Il Roero non esce più; si chiude invece nel suo studio colla lettera tanto desiderata, tanto cara! Ma prima di leggerla, vuol goderla. Fa per aprirla e ha timore di aprirla... teme ancora in un disinganno!... Oh, il piacere di aspettare, d'indovinare, d'immaginare!

      «A Francesco Roero «s. m.»

       — Non è una lettera; è un bigliettino soltanto!... Ma che importa? M'ha scritto! Vuol dire che mi ama e vuol dire che la vedrò!

      Sdraiato sul canapè continua a bearsi nel rileggere l'indirizzo dal bel caratterino slanciato, ad angoli precisi, mentre il profumo che emana dalla lettera dell'Arcolei, dapprima quasi impercettibile, si fa più acuto, più penetrante...

      «A Francesco Roero «s. m.»

      Ad un tratto il cuore gli fa un sobbalzo; si rizza a sedere sul canapè:

      — Forse è un avviso di premura! Un appuntamento!... Vuol vedermi subito!

      Straccia la busta che è grossa, fortissima, inglese: non è che un semplice biglietto di visita di Stefania con un grosso punto d'interrogazione scritto in lapis.

      Francesco ha un impeto d'ira... poi, scrollando il capo, sorride con amarezza:

      — Lei, lei, sempre lei! Sempre prudente e diffidente! Mai un abbandono vero! Mai un impeto schietto del cuore! Civetta..... e sempre la scuola dei gesuiti! Un punto d'interrogazione, che cosa vuol dire? Niente e anche tutto!

      ?.....

      «Perchè non sei venuto?... Perchè non ti sei fatto vedere? Perchè non hai fiducia in me, perchè non credi in me?...»

      Le domande continuano e Francesco si rasserena. Quel punto d'interrogazione diventa appassionato, tenero, espressivo, eloquente più di qualunque lettera. È la Fáni, tutta la Fáni, colla sua ombrosa riserbatezza e la sua birichina furberia. E lei, lei, tutta la Fáni, che è tornata lì, in casa sua, mezzo sorridente e mezzo in collera, col no sulla bocca e il negli occhi. È lei che lo ama, che lo cerca, che lo irrita, che lo maltratta, e che lo calma e lo incanta con una sola carezza.

      «Son venuta qui, da te, e ancora dubiti del mio amore?»

      Gli par di sentire la voce della Fáni calda, appassionata; gli par di sentire il suo calore, la sua fragranza, nel profumo di quel bigliettino.

      — Cara... cara...

      E Francesco innamorato e beato bacia la busta, il cartoncino, bacia il punto d'interrogazione, baciando insieme con trasporto, con delirio gli occhi e la bocca della Fáni.

      Ma l'innamorato ama e teme quegli occhi a volte sfavillanti, a volte impassibili; ama e teme quella bocca giovine, rosea, dalle leggere sfumature dorate su cui il sorriso languido e voluttuoso si muta a un tratto in una freddezza imperiosa. Egli non si arrischia di presentarsi inaspettato, in ore insolite, in casa Arcolei. La baronessa, ottima amica e insieme ottima moglie, è osservante fino allo scrupolo di ogni regola, di ogni abitudine sociale e, più che può, si mantien fedele all'orario. Colpi di testa dunque, e colpi di scena, mai; improvvisate, mai. Tutto a suo tempo, e c'è tempo per tutto.

      Il Roero pensa e conclude:

      —


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