Natalìa ed altri racconti. Enrico Castelnuovo

Natalìa ed altri racconti - Enrico Castelnuovo


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      — Ma io non lo conosco.

      — Guarda.... È alto così, — disse Valentina. E si portò la mano a livello della spalla.

      — Troppo alto, — notò Lidia.

      — Se tu vedessi come corre bene!

      — Insomma lo sceglierai tu.

      Fecero l'importante acquisto nell'antica bottega del Ponte dei Baretteri che fornì di balocchi tante generazioni di bimbi, e Valentina si portò in trionfo il suo cerchio ch'ell'aveva l'illusione di credere ancora più grande di quello della Bertocci, benchè in realtà fosse più piccolo.

      — E ora, — disse Lidia, — si passa sotto le Procuratìe e si va a prendere il vaporino.

      — Se si traversava la Piazza, provavo il cerchio.

      — No, c'è troppo sole.

      Valentina non replicò; la sua attenzione era ormai rivolta a tutt'altro.

      — Mamma, mamma, — ella disse trattenendo la Lidia per la falda del vestito, — sai chi c'è in quella bottega?

      Era una bottega di gioielliere, appunto sotto le Procuratìe Vecchie, presso il Caffè Quadri.

      — Chi? — ripetè la madre côlta da un incomprensibile sgomento. E con un moto istintivo afferrò il braccio di Valentina.

      La fanciulla tentò svincolarsi. — Lasciami, lasciami. È il nonno con la bella signora.... Li saluto.

      Ma la mano di Lidia chiuse come in una morsa d'acciaio il braccio della figliuola, e bruscamente la trascinò fuori delle Procuratìe, in mezzo alla Piazza.

      — No, non devi salutar nessuno, — intimò Lidia con voce dura, imperiosa.

      Anch'ella li aveva visti, dietro la vetrina del gioielliere, lo zio Ernesto e la Natalìa Morini, li aveva visti curvi sul banco, intenti a esaminare i gingilli che il negoziante sciorinava sotto i loro occhi, li aveva visti e aveva sentito rimescolarsi il sangue nelle vene. Come? Nel giorno stesso in cui la sua ignobile tresca era scoperta, in cui pendeva sul suo capo l'onta d'una rivelazione, quella donna impudente osava mostrarsi in Piazza San Marco, da un gioielliere, ed Ernesto Landi, il parente a cui Lidia aveva affidato la propria causa, Ernesto Landi osava condurvela, osava offrirle forse un braccialetto, un anello, un fermaglio, un monile? Così egli prendeva le parti della nipote offesa, tradita!... O che femmina era mai quella? Che strana potenza si sprigionava da lei perchè gli uomini tutti, anche i vecchi, immemori della loro dignità, dovessero caderle ai piedi?

      Intanto Valentina che, a quei modi insoliti della madre, era rimasta senza fiato e senza parola, passato il primo momento di stupore, si mise a piangere.

      — Mamma cattiva! — ella singhiozzò toccandosi il braccio dolente della stretta brutale.

      Lidia si chinò a baciarla. — T'ho fatto male, caro tesoro?... Non è niente.... Perdona.... È che non volevo.... Tu non puoi capire adesso.... Cammina, cammina, andiamo al vaporetto.

      Aveva ripreso per mano la figliuola, e procedeva innanzi spedita, guardandosi attorno inquieta come se un gran pericolo la minacciasse.

      Impacciata dal cerchio che si tirava dietro, Valentina la seguiva a fatica, piagnucolando.

      — Dàllo a me il cerchio, — ordinò la madre.

      La voce di lei s'era fatta dura, imperiosa un'altra volta.

      La bimba ubbidì, ma continuava a lamentarsi sommessamente.

      Traversarono in un lampo la Piazza, uscirono dall'angolo delle Procuratìe Nuove, svoltarono per la Calle Vallaresso. Il vaporino, diretto ai Giardini, approdava al pontile in capo alla calle.

      — Lesta, lesta, — disse Lidia.

      Arrivarono trafelate quando il battello era lì lì per partire. Allora Lidia prese Valentina sulle ginocchia, le rasciugò con la pezzuola gli occhi lacrimosi, le rasciugò le tempie, le guancie molli di sudore, le ravviò i capelli scompigliati e il fisciù di traverso, la coperse di carezze.

      A poco a poco Valentina si rinfrancava, sorrideva in mezzo alle lacrime. E fattasi ardita chiese: — Perchè non mi hai permesso di salutare il nonno?

      Lidia si rannuvolò, mise la mano sulla bocca della figliuola. — Non tornar da capo.

      — Perchè? — ripigliò la fanciulla con l'ostinazione propria della sua età.

      — Il nonno non era solo, — rispose brevemente la madre.

      — Era con la bella signora.

      — Appunto, — ribattè Lidia decisa a finirla. — Una volta per sempre.... Non voglio che tu saluti la signora Natalìa.

      — Perchè? — tornò a domandare la Valentina.

      — Insomma ho le mie ragioni, e basta.... I bimbi non devono saper tutto, — replicò Lidia in modo da troncare le discussioni.

      La fisonomia della Lidia, su cui la corsa affannosa di poco prima aveva diffuso un'animazione artificiale, s'era irrigidita in un'espressione di profonda tristezza. E anche il visetto di Valentina si allungò di nuovo; ne' suoi occhi limpidi passò l'ombra delle cose ignorate ed incomprensibili, onde viene all'infanzia come un vago presentimento dei dolori futuri.

      I Giardini in quell'ora erano spopolati; pure s'aggiravano qua e là altre mamme con altri fanciulli; altre sedevano al rezzo delle piante che il Maggio rivestiva di fiori. Lidia sedette su una panca di pietra sotto uno dei tigli del viale di mezzo, mentre Valentina faceva correre il cerchio per lo stradone.

      La madre l'animava col gesto. — Corri, corri.

      Povera piccina! Chi sa quel che le frullava nel capo, chi sa che effetto le avevano prodotto gli umori bisbetici della sua mamma! Lidia era stata aspra con lei; ma come si fa? Poteva ella concederle di avvicinarsi a Natalìa? O poteva parlarle di quella femmina in modo diverso? No, no, checchè accadesse, fra la Morini e Valentina nulla vi doveva esser di comune, mai più. Lidia non si pentiva dunque del linguaggio tenuto con la figliuola; si pentiva piuttosto d'aver precipitato il suo giudizio sullo zio Ernesto. Certo era enorme che in quel giorno Natalìa osasse andar da un gioielliere, ed era singolare che Landi ve l'accompagnasse; ma perchè non aspettare le sue spiegazioni per condannarlo?... Forse, d'indole spendereccia com'egli era, aveva tentato d'attenuar con un dono il colpo che le portava; forse (son donne che vendono tutto) ell'aveva messo a prezzo la sua acquiescenza ai patti che l'erano imposti.

      La quiete del luogo, il verde degli alberi, il tenue stormir delle foglie esercitavano su Lidia la loro influenza benefica; un po' di calma scendeva nel suo animo agitato, vi faceva rinascer la speranza che la rovina della sua felicità non fosse ancora assoluta ed irreparabile.... Che la Natalìa partisse; ecco il gran punto. Se partiva, al resto ci sarebbe stato rimedio.... Quella di Carlo non poteva essere che una crisi momentanea. Un uomo serio e positivo come lui non poteva lasciarsi travolgere dalle passioni. Ci voleva quella civetta, ci voleva quella sirena per trascinarlo fuori della via retta ov'egli, se non per virtù, per riguardo del mondo aveva sempre camminato. Nel desiderio, nel bisogno di trovar un'attenuante alla colpa di suo marito, Lidia si esagerava la bellezza, il fascino irresistibile di Natalìa. Era stata una fatalità che questa femmina bella e corrotta gli fosse capitata fra i piedi. Poich'egli non cercava le donne, non aveva tempo per loro; egli non frequentava i teatri, non frequentava i salotti; senza dubbio era venuta lei a cercarlo.... Non era poi così facile che ne venisse un'altra, ugualmente bella e astuta e viziosa.

      Lidia guardò l'orologio. Erano quasi le sei, era ora d'andarsene. Quantunque lo zio Ernesto non si fosse impegnato a portarle una risposta prima di sera, ella pensava che s'egli la risposta l'aveva già avuta, ed era favorevole, si sarebbe affrettato a recargliela. Ella lo avrebbe capito a volo, anche senza insospettir Valentina con le chiacchiere, e in quanto ai particolari avrebbe aspettato ad averli più tardi. Così Lidia si crucciava adesso d'essere uscita, ed era impaziente di tornare a casa.

      Richiamò


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